Tiziana Brucolini, segreteria di Polis. “Lavorare in questo periodo è stato faticoso, perché nonostante si lavori in sicurezza, con tutti i dispositivi di protezione individuale, c’è la paura, l’ansia di potersi ammalare o di essere veicolo della malattia. Però bisognava esserci, non si poteva chiudere tutto perché i soci hanno bisogno di informazioni, documenti, indicazioni sui bonus statali, sulle buste paga e pratiche da gestire, mentre i fornitori hanno continuato ad avere contatti con noi. Quindi in sede non entrava nessuno, tranne gli amministrativi, con i turni e la presenza di pochissime persone. Anche questo ha inciso sul lavoro. Siamo passati da decine e decine di persone, tra soci, fornitori e utenti che venivano in Polis al silenzio degli uffici, al distanziamento sociale, alle mascherine e al gel all’ingresso. Il massimo del contatto sociale è il saluto con un cenno della testa. Questo cambiamento sociale non è sempre negativo ed alcuni esempi positivi li vivo tutti i giorni: prima le telefonate erano molto veloci, il socio chiamava perché aveva bisogno dell’ufficio personale o di un altro ufficio. Adesso si parla un po’ di più, ci si informa, rispettivamente, su come vanno le cose, se c’è bisogno di qualcosa, si cerca di guardare avanti con un briciolo di speranza in più. Anche tra colleghi, in ufficio, è cambiato il modo di lavorare: prima portavo i documenti nei vari uffici, adesso abbiamo preparato delle cassettiere, lascio tutto lì e i colleghi vengono a prendere. In tutto questo devo dire che il rapporto con il socio, in persona, è l’unica cosa che mi manca. È doloroso vedere la porta d’ingresso chiusa, la luce delle scale spenta e l’ascensore fermo, sperando che prima o poi qualche amico o amica spunti fuori per un saluto; ma torneremo anche a questo”.