Patrizia Targa, operatrice del settore minori, politiche sociali, disabilità e assistenza scolastica. “L’emergenza sanitaria ha cambiato tutto, dal modo di lavorare al rapporto con i ragazzi, ma quest’ultimo in senso positivo. La chiusura degli istituti ha portato, purtroppo, a situazioni difficili per i disabili e per le loro famiglie, senza più il sostegno quotidiano della scuola e le difficoltà nello svolgere le attività domiciliari. Azzerati anche gli incontri protetti, il distanziamento sociale lo imponeva, con genitori che non hanno potuto vedere i figli. Altri problemi sono insorti nei servizi a domicilio, spesso in case piccole, con tante persone dello stesso nucleo familiare. Si è aperta, però, una sorta di finestra di osservazione sociale: i ragazzi che seguo, per lo più stranieri, non seguono, per scelta dei genitori, i programmi televisivi italiani, non hanno contatti con i coetanei italiani. Quindi si rivolgevano a noi per chiedere notizie del mondo esterno. Poi hanno iniziato a chiedere se fosse utile discutere con i genitori su quanto stava accadendo e se era il caso che guardassero la tv per informarsi. Si è sicuramente rafforzamento il rapporto tra operatori e ragazzi: da punto di riferimento nell’aiuto per i compiti a confidente. Ci hanno aperto alle loro usanze e, a volte, si sono stupiti che questo non destasse sorpresa. E così anche con i genitori qualcosa è cambiato, perché in fondo siamo sempre degli estranei che penetrano nel loro mondo per ‘ordine’ degli assistenti sociali. Questo periodo particolare ha aperto ad una nuova comunicazione, ad un rapporto meno diffidente. Quella che abbiamo vissuto è una situazione senza precedenti, ha cambiato tutto, in certi casi ha anche ampliato il divario sociale, ma per molti ragazzi quello che era vissuto come elemento negativo, cioè l’inserimento in un gruppo di pari che non sempre è ben accetto, è stato eliminato dallo strumento di internet. Il monitor ha avuto una funzione di filtro, camuffando tutto e anche i ragazzi esclusi si sono sentiti accettati. Quanto al nostro lavoro, come operatori, l’esperienza è stata costruttiva, faticosa, che ha comportato che ci mettessimo in discussione, che avremmo dovuto lavorare con maggiore attenzione e sicurezza, ma è il nostro lavoro ed era importante mantenere integro il legame costruito con tanta fatica ed essere presenti con i ragazzi”.